“Monreale sorprende sempre anche chi c’è stato decine di volte. Perché Monreale non è lo spunto per una serie di risposte a mille domande. Monreale è la risposta.
Per me non è importante sapere l’anno, i metri, i centimetri, Monreale non è la palestra per un gioco a quiz, è un’esperienza di fede, o se vogliamo Monreale è un’esperienza di fede guidata da una teologia educativa.
Chi viene a Monreale rimane sempre sorpreso! Perché ogni volta, se si è attenti, o meglio se si è “tesi a…” come i “desiderantes”, i soldati romani che guardavano, scrutavano nella notte illuminata dalle stelle, quel segno che preannunciava il ritorno dei loro compagni dispersi nella battaglia del giorno prima.
Guardare Monreale con questa tensione porta sempre alla scoperta di una cosa nuova perché chi lo ha progettato e non ne conosciamo il nome, probabilmente monaci benedettini, ha sviluppato un’impostazione teologica.
Ma state attenti, questa impostazione teologica è di tutte le chiese romaniche in Italia e in Europa. In tutte quelle con affreschi o senza affreschi con o senza mosaici. Tutto questo perché l’intento, il compito era quello di svolgere una sola funzione: quella educativa. E quindi i mosaici, l’impianto iconografico parla di questo rapporto fra Dio e l’uomo. La cosa strabiliante a Monreale è che tutto questo enorme impianto chiesastico e di mosaici è stato fatto in un luogo dove per duecentocinquant’anni l’Islam aveva caratterizzato ogni forma di espressione!”
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